
Fenilchetonuria, Alberto Burlina: “Dalla dieta ai nuovi farmaci, il futuro del trattamento è nella combinazione terapeutica”
23 Luglio 2025
Fenilchetonuria, importanti novità dal congresso mondiale ICIEM 2025 di Kyoto
Kyoto (Giappone), settembre 2025 – Al recente congresso internazionale ICIEM 2025 (International Congress of Inborn Errors of Metabolism) tenutosi a Kyoto dal 2 al 6 settembre 2025, sono emerse notizie entusiasmanti per la cura della fenilchetonuria (PKU). In particolare, un gruppo di ricercatori italiani guidati dal Professor Alberto Burlina, Direttore dell’UOC Malattie Metaboliche ed Ereditarie dell’Azienda Ospedale-Università di Padova, ha presentato uno studio rivoluzionario sulla terapia enzimatica per la PKU, suscitando grande interesse tra gli oltre 2.800 specialisti provenienti da 85 Paesi presenti al congresso. I risultati mostrano che mantenere la fenilalanina nel sangue a livelli normali grazie a una nuova terapia può normalizzare il cervello dei pazienti con PKU sia dal punto di vista strutturale (risonanza magnetica cerebrale) sia funzionale (performance neuro-cognitive). Si tratta di risultati unici al mondo, presentati e discussi in due distinte sessioni del congresso, a sottolineare l’enorme rilevanza di questa scoperta.
Cos’è la fenilchetonuria e perché tenere bassa la fenilalanina è cruciale
La fenilchetonuria (nota anche come PKU) è una malattia metabolica ereditaria rara in cui l’organismo non riesce a metabolizzare correttamente la fenilalanina, un amminoacido presente in molti alimenti proteici. In Italia, grazie allo screening neonatale attivo dal 1992, la PKU viene diagnosticata precocemente in circa 1 neonato ogni 10.000 nati (se ne stimano 1 ogni 5.000 in Italia). Senza un trattamento adeguato sin dalla nascita, la fenilalanina si accumula nel sangue e diventa tossica per il cervello, causando seri problemi neuro-cognitivi, disturbi comportamentali e una diminuzione della qualità di vita. Per questo motivo, l’obiettivo principale della terapia è mantenere bassi i livelli di fenilalanina nel sangue, in modo da prevenire danni cerebrali.
Le terapie disponibili, dalla dieta ai nuovi farmaci
Fino a pochi anni fa, la dieta a basso contenuto di fenilalanina era il pilastro del trattamento della PKU. I pazienti devono evitare proteine naturali in eccesso e assumere alimenti speciali e integratori per garantire una crescita normale. Questa dieta è efficace ma molto impegnativa da seguire per tutta la vita, soprattutto nell’adolescenza e in età adulta, con il rischio che l’aderenza cali nel tempo.
Oggi, fortunatamente, la dieta non è più l’unica arma a disposizione. Sono state sviluppate terapie aggiuntive che aiutano a controllare la fenilalanina, spesso usate in combinazione personalizzata per ogni paziente. Le principali opzioni terapeutiche disponibili per la PKU includono:
- Dietoterapia povera di fenilalanina, rimane fondamentale, specialmente nei primi anni di vita, per prevenire l’accumulo di fenilalanina. Consiste nel limitare drasticamente gli alimenti proteici naturali, sostituendoli con prodotti aproteici e miscele di aminoacidi prive di fenilalanina, disponibili come GMP (glicomacropeptidi) o aminoacidi sciolti.
- Gli integratori di amminoacidi neutri sono particolari supplementi che possono interferire con l’assorbimento della fenilalanina a livello intestinale, riducendone la quota che passa nel sangue. Tale terapia rientra comunque nell’ambito della dietoterapia.
- Farmaci a cofattore enzimatico (es. sapropterina e sepiapterina): sono terapie orali che agiscono potenziando l’attività dell’enzima difettoso (fenilalanina idrossilasi) nei pazienti responsivi. La sapropterina (cofattore BH4) è disponibile da tempo, e di recente è arrivata la sepiapterina, un nuovo cofattore che promette di essere più potente e di ridurre i livelli di fenilalanina in circa il 60% dei pazienti trattati. Questi farmaci permettono ad alcuni pazienti di tollerare un apporto dietetico di fenilalanina leggermente maggiore, anche se spesso non eliminano del tutto la necessità della dieta.
- Terapia enzimatica sostitutiva (pegvaliase): oggetto della presentazione di Tokyo, è l’innovazione più recente. Si tratta di un enzima artificiale (pegvaliase, nome commerciale Palynziq) che viene somministrato tramite iniezioni sottocutanee e che distrugge la fenilalanina in eccesso nel sangue, trasformandola in sostanze non tossiche. È indicata per pazienti adulti (dai 16 anni in su) con PKU classica che non riescono a controllare la fenilalanina con la dieta o con altri farmaci. Questa terapia, introdotta da pochi anni, ha mostrato risultati molto promettenti.
Per prendere in prestito un concetto espresso dal Prof. Alberto Burlina, oggi la vera “rivoluzione” nel trattamento della PKU è poter combinare più terapie per adattare la cura alle esigenze individuali di ogni persona e quindi ottenere il miglior risultato terapeutico possibile su ciascuno. L’obiettivo rimane sempre lo stesso: mantenere la fenilalanina a livelli sicuri, perché solo così si può proteggere i pazienti.
Lo studio presentato a Kyoto: fenilalanina nella norma e cervello protetto
Proprio sulla terapia enzimatica con pegvaliase si concentra lo studio italiano presentato all’ICIEM 2025 di Kyoto. Il Professor Alberto Burlina, direttore del Centro Malattie Metaboliche Ereditarie di Padova, insieme a un team multidisciplinare (tra cui Dr. Alessandro Burlina, neurologo, e le Dottoresse Vincenza Gragnaniello, Chiara Cazzorla, Jessica Carretta, il Dr. Christian Loro e il Dr. Giacomo Gaiga, con il supporto di Cometa ASMME) ha seguito pazienti adulti con PKU trattati con pegvaliase. Grazie a questo farmaco, i pazienti sono riusciti nell’impresa fino a poco tempo fa impensabile di normalizzare completamente i livelli di fenilalanina nel sangue pur seguendo una dieta libera.
Lo studio ha valutato lo stato di salute del cervello di questi pazienti prima e dopo la terapia, utilizzando sia la risonanza magnetica cerebrale (MRI) sia una batteria di test neuropsicologici. I risultati ottenuti sono estremamente incoraggianti:
- Dopo circa due anni di trattamento con pegvaliase, i pazienti hanno mantenuto la fenilalanina entro valori normali in modo stabile.
- Le risonanze magnetiche, che inizialmente mostravano anomalie della sostanza bianca cerebrale (le cosiddette iperintensità dovute all’alto livello di fenilalanina), sono tornate nella norma. In altre parole, le “macchie” presenti nel cervello di chi aveva la fenilalanina alta sono scomparse o significativamente ridotte con la normalizzazione metabolica. Ciò suggerisce che i danni neurologici non sono permanenti e possono regredire se si interviene in tempo.
- Anche le prestazioni cognitive sono migliorate in tutti i pazienti. In particolare, si sono osservati progressi nei test di funzioni esecutive (capacità di attenzione, memoria di lavoro, velocità di elaborazione delle informazioni), come il test PASAT che è molto sensibile alle alterazioni della sostanza bianca. I pazienti, in pratica, hanno mostrato un miglioramento nella prontezza mentale e memoria, avvicinandosi ai livelli di coetanei senza PKU.
La presentazione ha evidenziato risultati molto positivi. Alcuni pazienti, dopo due anni di trattamento con pegvaliase, hanno raggiunto la normalizzazione dei livelli di fenilalanina e il miglioramento di test neurocognitivi; in più, in pazienti che avevano la risonanza magnetica alterata, si è vista una normalizzazione, il che significa che si può ottenere una reversibilità del quadro neurologico. Si tratta di un esito straordinario se si pensa che fino ad ora, nonostante la dieta, molti adulti con PKU presentavano comunque piccole alterazioni cerebrali e difficoltà cognitive dovute agli anni di fenilalanina alta. Questo studio è il primo al mondo a documentare un miglioramento simultaneo sia delle lesioni cerebrali sia delle funzioni cognitive grazie a un intervento farmacologico che normalizza la fenilalanina. In precedenza, un simile livello di controllo metabolico negli adulti non era mai stato raggiunto in maniera costante, quindi non si sapeva con certezza se i danni potessero regredire. Ora c’è prova concreta che, abbassando sufficientemente la fenilalanina, il cervello può guarire da molti degli effetti tossici accumulati negli anni.
Un traguardo mondiale e nuove speranze per i pazienti
La comunità scientifica internazionale ha accolto con entusiasmo questi dati. Il fatto che lo studio sia stato discusso in due sessioni distinte del congresso ICIEM testimonia l’interesse e l’importanza attribuiti a questa scoperta. In un campo come quello delle malattie metaboliche ereditarie, dove spesso le novità terapeutiche arrivano lentamente, vedere un team italiano ottenere un primato mondiale è motivo di orgoglio e speranza. Significa che i pazienti PKU di tutto il mondo potranno beneficiare di queste conoscenze per migliorare le proprie cure.
Ovviamente, la scienza ricorda che la terapia enzimatica non è priva di sfide. Pegvaliase richiede un periodo iniziale di adattamento graduale e può dare effetti collaterali come reazioni locali, mal di testa, dolori articolari e in rari casi reazioni allergiche importanti. Tuttavia, con un monitoraggio attento e un aggiustamento personalizzato della dose, questi rischi risultano gestibili, tanto che nell’esperienza del Centro MME dell’Azienda Ospedale-Università di Padova nessuno dei pazienti trattati ha dovuto interrompere la terapia a causa degli effetti collaterali. L’arrivo di nuovi farmaci come la sepiapterina e altri in fase di studio (ad esempio JNT-517, una terapia che favorisce l’eliminazione renale della fenilalanina) amplia ulteriormente le possibilità di trattamento futuro. In prospettiva, la combinazione di più approcci potrà rendere la gestione della PKU sempre più efficace e su misura del singolo paziente, migliorandone la qualità di vita.
Il ruolo di Cometa ASMME nella ricerca e a fianco delle famiglie
Un elemento fondamentale da sottolineare è il supporto offerto da Cometa ASMME in questa importante ricerca. Cometa ASMME (Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie) è un’associazione italiana di pazienti e famiglie che da anni si impegna per sostenere chi convive con la PKU e altre malattie metaboliche rare. L’associazione affianca l’attività clinica con raccolte fondi per finanziare progetti di ricerca, borse di studio e supporto alla divulgazione scientifica. Grazie anche al sostegno di Cometa ASMME, lo studio del team padovano è stato portato avanti con successo e i risultati sono stati diffusi alla comunità mondiale. Non a caso, negli articoli scientifici pubblicati su riviste internazionali, i ricercatori hanno ringraziato Cometa ASMME per il contributo dato nello svolgimento dello studio e nella redazione del lavoro.
Per le famiglie e i pazienti con fenilchetonuria, questi sviluppi rappresentano una grande speranza. Significa intravedere un futuro in cui la PKU possa essere controllata con maggiore facilità, evitando conseguenze sul sistema nervoso e permettendo ai pazienti di condurre una vita sempre più normale. Ogni bambino con PKU, grazie alla diagnosi precoce e alle terapie oggi disponibili, ha davanti a sé la prospettiva di crescere senza i danni che in passato erano inevitabili, purché mantenga il controllo metabolico. E ora sappiamo che anche in età adulta ci sono strumenti per recuperare terreno se il controllo è stato difficile.
Cometa ASMME continuerà a fare la sua parte, informando le famiglie su queste novità, sostenendo la ricerca e dialogando con medici e istituzioni perché terapie innovative come pegvaliase e altre future siano accessibili a tutti i pazienti che ne possano beneficiare. Il caso presentato a Kyoto dimostra quanto sia importante la collaborazione tra centri clinici di eccellenza (come quello di Padova) e associazioni di pazienti: insieme si possono raggiungere traguardi che fino a pochi anni fa sembravano irraggiungibili.
In conclusione, dal congresso mondiale ICIEM 2025 di Kyoto arriva un messaggio chiaro e positivo: la fenilchetonuria si può affrontare e, con le giuste terapie, i suoi effetti sul cervello possono regredire. Per i pazienti e le loro famiglie è una notizia che infonde fiducia, frutto dell’impegno di ricercatori, medici e associazioni come Cometa ASMME, che ogni giorno lavorano fianco a fianco per un futuro migliore nella cura delle malattie metaboliche ereditarie.





