Malattie Rare: che il Governo dia ora velocemente seguito a quella mozione
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Lo ha detto il ministro della Salute intervenendo oggi alla Camera durate la discussione su tre mozioni parlamentari che sollecitano più attenzione alle malattie rare. Auspicata una mozione unitaria sulla quale il Governo si dovrebbe pronunciare a breve.
17 GEN – Tre mozioni per le malattie rare. A illustrarle in Aula alla Camera: Paola Binetti dell’Udc, Marco Rondini della Lega e Margherita Miotto del Pd.
Tutte e tre le mozioni sollecitano il Governo ad assumere nuove iniziative per un più efficace contrasto e soprattutto per migliorare il livello di assistenza ai malati affetti da queste patologie. A partire da un più facile accesso ai farmaci orfani, ma anche salvaguardando il diritto all’esenzione dal ticket per un’area più vasta di patologie rare. Al termine del dibattito il Governo si è riservato di esprimere il parere sulle mozioni in una seduta successiva dei lavori parlamentari, con l’auspicio si possa arrivare a una mozione condivisa dai diversi gruppi.
Al dibattito ha preso parte anche il Ministro della Salute Renato Balduzzi. Ecco il testo integrale del suo intervento in Aula.
“Signor Presidente, come ho già avuto modo di dire la scorsa settimana nell’altro ramo del Parlamento, questi atti di indirizzo sono un contributo importante, specialmente con riferimento a queste situazioni, perché rare sono le persone malate della singola malattia, ma non sono rare le malattie e non le persone malate.
Quindi, l’impegno da questo punto di vista proprio per questa ragione deve essere massimo. D’altra parte, come ricordava opportunamente poc’anzi soprattutto l’onorevole Pedoto, forte è stata ed è l’attenzione parlamentare su questi argomenti, sia attraverso la presentazione di proposte e di disegni di legge, sia attraverso la presentazione di mozioni, ordini del giorno e altri atti di indirizzo e controllo.
Posso testimoniare che sono quasi due mesi che sono Ministro ma quotidianamente sono sollecitato su questa o quella malattia cosiddetta rara. Dunque, non è stato casuale che fin dall’inizio, a partire dalle prime occasioni di confronto, specialmente in Commissione, su questi problemi, abbia dato la disponibilità forte a intervenire su questo tema e abbia proposto al tavolo del Patto per la salute, attuativo tra l’altro della cosiddetta manovra estiva ma, evidentemente, con una portata più ampia, di riprendere il cammino del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui cosiddetti nuovi livelli essenziali di assistenza del 2008, aggiornando eventualmente le 109 malattie che da allora a oggi certamente richiedono un aggiornamento. Del resto, ricordate che sin dall’inizio l’aggiornamento doveva essere triennale e dai Lea del 2008 i tre anni sono già trascorsi.
Preciso su questo punto che è importante fare un ragionamento complessivo, perché si è dimostrato impraticabile in questi anni procedere attraverso interventi puntiformi, impraticabili specialmente in un contesto di risorse limitate. Così confermo l’impegno, come ho già avuto modo di dire in più occasioni e anche all’interno degli organi di questo ramo del Parlamento, per una rapida approvazione del disegno di legge sulle malattie rare.
Devo poi ringraziare l’onorevole Binetti, avvertendo che leggerò molto volentieri la parte del suo intervento che non ho ascoltato, per aver ricordato alcuni passaggi della mia certamente ancora iniziale attività di governo ma, soprattutto, per quello che fa sul piano culturale per le malattie rare, dentro e fuori del Parlamento.
Volevo precisare che non siamo all’anno zero. D’altra parte, già gli interventi lo hanno ampiamente dimostrato. Partiamo soprattutto dal regolamento del 2001. Abbiamo poi avuto il Fondo nazionale per le malattie rare. Vi sono delle iniziative ormai consolidate di ricerca e ho lasciato agli atti, la scorsa settimana, nell’altro ramo del Parlamento un quadro aggiornato dell’Aifa in ordine a queste problematiche. Inoltre, siamo anche presenti da tempo sul versante europeo dato che l’Aifa è titolare di un sottoprogetto nell’ambito di un progetto più ampio a livello comunitario, progetto che non si radica nella DG Sanco ma nella DG Industria, di una specifica iniziativa di ricerca volta a trovare meccanismi di accesso coordinato ai cosiddetti farmaci orfani e anche questo è un elemento che va sottolineato.
Ma, come è stato ricordato, perché altrimenti il mio intervento sarebbe monco, abbiamo bisogno di un ulteriore salto di qualità. Si deve passare dall’acquisizione culturale, ormai quasi generalizzata, sul concetto di malattie rare e sulla scarsa pertinenza dell’aggettivo al sostantivo, alla individuazione di strumenti normativi e amministrativi e da questi all’effettività pratica – tra l’altro opportunamente l’onorevole Miotto ricordava la questione dell’attivazione dei registri – per poi riuscire, una volta che vi sia stata una qualche effettività, a valutarla e, dunque, a vedere se non sia il caso di ritornare nel circolo virtuoso – l’acquisizione culturale, l’effettività pratica e la valutazione di quello che si è fatto – con la capacità, come ricordava soprattutto opportunamente l’onorevole Argentin, di dire dei «no» e dei «sì».
Non è possibile dire soltanto dei «sì», specialmente nel contesto attuale, ma dobbiamo dire dei «no» e dei «sì» che siano appropriati: anche in questo campo l’appropriatezza è un pò un faro che guida tutto. Dobbiamo aprire una discussione su basi nuove – e questa discussione odierna è la premessa e già al tempo stesso, l’attuazione di questo approccio – e poi riuscire a chiudere queste discussioni con impegni precisi. D’altra parte, anche per questo ho insistito per l’inserimento del tema malattie rare nell’ambito del prossimo Patto per la salute.
Confermo l’impegno, entro il 2013, possibilmente con qualche anticipo, alla realizzazione del Piano nazionale delle malattie rare. I termini sovranazionali possono anche essere interpretati non come termini ultimi, ma come termini di orientamento, ossia come termini sollecitatori: non è necessario attendere obbligatoriamente lo spirare del termine e anche l’impegno per un patto di solidarietà – questo è un punto che credo molto importante – con le aziende per rendere compatibile – ho ascoltato la discussione sulle linee generali – l’approccio e la sottolineatura degli onorevoli Rondini e Barani con l’approccio e la sottolineatura dell’onorevole Argentin, soprattutto. D’altra parte, in materia di ATU non siamo sprovvisti di fantasia, perché è dal 1996 che abbiamo nel nostro ordinamento lo strumento dell’autorizzazione temporanea di utilizzo; ma il fatto che sia previsto dal 1996 non vuol dire però che l’abbiamo praticato.
Dunque, affinché non siano orfane le persone, oltre che i farmaci, credo che si debba aprire una reale discussione con le aziende sulla necessità di rendere appunto compatibile l’aiuto sul fronte della ricerca con gli esiti, in termini di costi dei medicinali; che siano praticabili e compatibili, sennò la difficoltà e le resistenze, soprattutto regionali, non potranno che aumentare.
Ventuno sottosistemi sanitari – sottolineava opportunamente il rappresentante di gruppo in Commissione del Popolo della libertà – pertanto, io direi come riuscire a fare di queste diversità una virtuosità. Mi sembra che il tema sia questo, onorevole Barani, nel senso che non credo che si possa tornare indietro, piuttosto potremmo andare avanti meglio. La strada, sotto questo profilo, per rispondere alla domanda che lei ha posto e che vorrei riscontrare, e non evitare è quella delle buone pratiche, con un ruolo propulsivo del centro. D’altra parte, noi abbiamo già una situazione in cui molte regioni fanno lo screening neonatale, hanno dei Lea aggiuntivi per le malattie rare, hanno percorsi assistenziali istituiti ad hoc. Abbiamo anche, sull’altro fronte, un impegno del Governo, o meglio dei Governi: il primo riscontro normativo in materia risale al 1999, ma poi è proseguito dal 2004 in poi, con annualmente delle precisazioni per trovare un punto di caduta di questi discorsi nei cosiddetti piani di rientro. Gli strumenti ci sono per riuscire ad orientare questi 21 sottosistemi, ma l’importante è trovare un accordo tra l’impegno che il Governo indubbiamente mette e che i due rami del Parlamento indubbiamente esercitano e la possibilità di trarre virtuosità da un sistema decentrato e articolato.
Per questo, signor Presidente, nel concludere questo intervento, che spero abbia dimostrato non solo l’interesse, ma anche la puntualità con cui cerchiamo di seguire questa problematica, auspico anch’io che si possa arrivare ad una mozione condivisa, così da precisare impegni chiari, il cui accoglimento da parte del Governo non sia semplicemente un dovuto e corretto omaggio ai poteri costituzionalmente attribuiti al Parlamento, ma un’ulteriore tappa di evoluzione in questa materia”.