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DISPOSITIVI MEDICI, IL PAYBACK SLITTA AL 30 APRILE
Più tempo per le aziende fornitrici di dispositivi medici per adempiere all'obbligo di ripiano del superamento del tetto di spesa. Incontro in Commissione Affari e Sociali del Senato con una delegazione Fifo Confcommercio- Aforp.

Le aziende fornitrici di dispositivi medici dovranno adempiere all'obbligo di ripiano del superamento del tetto di spesa posto a loro carico per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018, effettuando i versamenti in favore delle singole regioni e province, entro il 30 aprile prossimo invece che entro il 31 gennaio come originariamente previsto. Lo dispone un decreto legge approvato dal Consiglio dei il 10 gennaio scorso.
Il 25 gennaio scorso, una delegazione di Fifo Confcommercio-Aforp è stata ricevuta, a Palazzo Madama, dal presidente della Commissione Affari Sociali e Sanità, Francesco Zaffini, e dal Capogruppo di Fratelli d'Italia in Commissione, Ignazio Zullo. "L’incontro - ha commentato il presidente Fifo Sanita, Massimo Riem - è avvenuto in una logica di proficua collaborazione. La sensazione è che ci sia una forte attenzione al tema da parte del Governo e delle forze politiche, con un interesse e una voglia a trovare la soluzione migliore. Resta un tema non facile da risolvibile, ma constatiamo una grande apertura a lavorare insieme con l’obiettivo di tutelare tutte le PMI del nostro settore dei fornitori di dispositivi medici".
"L'ascolto di questo Governo - ha aggiunto la presidente Aforp, Grazia Guida - ci rende fiduciosi in una possibile soluzione del problema payback, per questa grande criticità che investe il nostro comparto e soprattutto per le PMI, che senza un adeguato provvedimento, vedrebbero svaniti anni di sacrifici e di investimenti e crollerebbe l'economia portante del nostro Paese. Noi continueremo a difendere i nostri diritti fino a raggiungere il risultato, che speriamo possa arrivare, coscienti che faremo fino in fondo la nostra parte".
Il payback mette a rischio il sistema sanitario nazionale
Nella manovra economica il Governo non ha affrontato il tema del payback mettendo così a rischio il Sistema Sanitario Nazionale. Fifo Sanità, la Federazione italiana fornitori ospedalieri aderente a Confcommercio-Imprese per l’Italia, ribadisce così il rischio concreto di un’imminente mancanza di dispositivi medici negli ospedali e lancia l’allarme per l’intera tenuta del settore. La norma costringe le aziende fornitrici di dispositivi medici a pagare 2.1 miliardi di euro entro il 15 gennaio, con conseguente fallimento per centinaia di pmi che distribuiscono a tutti gli ospedali d’Italia dispositivi salvavita e altro materiale per il corretto svolgimento delle attività chirurgiche.
“Siamo inorriditi - dichiara il presidente Massimo Riem - per quello che potrà accadere se la norma non sarà superata. Stiamo parlando di una certezza, non una possibilità. Mancheranno dispositivi medici come strumenti chirurgici e diagnostici. Chiediamo al Governo, che in queste ore sta lavorando alla manovra, di superare la norma o almeno garantirne la sospensione”.
“Abbiamo lavorato e lavoreremo - conclude Riem - per tutelare il futuro prossimo delle pmi che rappresentiamo, e soprattutto la tenuta dell’intero Sistema Sanitario Nazionale. Il Governo ci dia ascolto per evitare un pericolo concreto e incombente per la salute dei cittadini. Di fronte a questo rischio, la politica non può girarsi dall’altra parte".
Fifo Confcommercio e Confindustria Dispositivi Medici sconcertati: “mai fatto accordi sul payback”
"Siamo sconcertati dalle dichiarazioni che giungono da alcuni esponenti delle Istituzioni regionali che parlano di ‘accordo con le associazioni di categoria’ in riferimento al payback sui dispositivi medici”. Così la Federazione Italiana Fornitori in Sanità, aderente a Confcommercio Imprese per l’Italia, e Confindustria Dispositivi medici che ricordano che il payback resta un’imposizione di legge che richiede coattivamente parte di compensi precedentemente concordati secondo gare d’appalto regolarmente aggiudicate. Nessuna azienda, ribadiscono le due Associazioni, può sopportare tali richieste per entità e tempistiche.
“Dopo mesi di proposte e di richieste di aiuto alle istituzioni rimaste inascoltate, siamo sbalorditi dalle dichiarazioni in merito a un’intesa con le associazioni che rappresentano le aziende del comparto. È, inoltre, da rilevare l’assoluta illegittimità e incostituzionalità di questa misura che distrugge una filiera cruciale per il Sistema Sanitario Nazionale”, aggiunge Massimo Riem, presidente di Fifo Sanità.
“Restiamo sconcertati - dichiara Massimiliano Boggetti, presidente di Confindustria Dispositivi Medici - di fronte alle false dichiarazioni di una parte della classe politica che parla addirittura di un precedente accordo con le associazioni di categoria sul payback, senza considerare le catastrofiche conseguenze che questo avrà sulla salute dei cittadini. Vorremmo piuttosto poter discutere col Governo e le Regioni una soluzione”.
L'allarme era già stato lanciato dalla Federazione il 6 dicembre scorso nel corso di una conferenza stampa a seguito dell'approvazione nel Decreto aiuti bis della normativa sul payback che obbliga le aziende del comparto a rimborsare il 50% delle spese effettuate in eccesso dalle regioni. Per FIFO Sanitàil provvedimento mette a rischio il tessuto dei fornitori ospedalieri, composto nel 95% da micro, piccole e medie imprese, con oltre 100mila lavoratori coinvolti. Dispositivi salvavita, strumenti per dialisi, valvole cardiache, protesi e ferri chirurgici: sono solo alcuni dei dispositivi medici che potrebbero mancare negli ospedali a partire da gennaio.
Strumenti che potrebbero mancare negli ospedali in caso di stop forniture |
Sterilizzatori |
Prodotti per circolazione extracorporea |
Protesi cardiache |
Valvole cardiache |
Stent coronarici e cardiaci |
Dispositivi protezione per radiologia e radioterapia |
Protesi ortopediche |
Stent vascolari |
Dispositivi per traumatologia (ossa) |
Ventilatori polmonari per rianimazioni, terapie intensive, reparti Covid |
Strumentario e ferri chirurgici |
Disinfettanti e antisettici |
Accessori per radioterapia |
Camici monouso |
Garze, bende e cerotti |
Dispositivi per dialisi |
Dispositivi salvavita |
Dispositivi per pronto soccorso |
NB. Tempi per stop alle forniture - Il lasso di tempo tra la chiusura delle imprese e la fornitura dei dispositivi può variare da pochi giorni a qualche settimana
"Little Pharma, grande guaio per via del payback"
C'era una volta un ente pubblico che, per legge, poteva spendere in dispositivi medici, inclusi i salvavita, non più di una determinata percentuale del suo bilancio. Ma se sforava, la metà della spesa in eccesso la doveva pagare l'impresa fornitrice dei dispositivi! Non è una fiaba distopico-burocratica per Pmi italiane, ma quel che è successo davvero con il cosiddetto payback, con un'aggravante: le aziende hanno saputo 7 anni dopo delle cifre altissime che dovrebbero pagare a causa degli sforamenti delle Regioni, e ora rischiano di fallire lasciando gli ospedali senza dispositivi per dialisi, stent cardiaci, valvole, protesi, ferri chirurgici da sala operatoria. A meno che questa legge, candidata al primato di peggiore degli ultimi anni nonostante la folta concorrenza, non sia cancellata per manifesta assurdità. Per fare un paio di esempi, Gamed in Sardegna dovrebbe restituire 324mila euro a fronte di un fatturato annuo di 224mila, Duerre in Toscana 4,6 milioni quando il fatturato annuo si ferma a 4... Ma quale responsabilità hanno queste Pmi, che hanno partecipato a regolari gare d'asta, nel fatto che le Regioni hanno superato i limiti di spesa previsti dalla legge? Il termine entro cui le aziende fornitrici di sistemi medicali devono pagare è stato spostato dal 15 gennaio al 30 aprile. Ma se la legge non verrà cancellata, sono a rischio centinaia di imprese e migliaia di posti di lavoro. "Nel 2019, il Ssn ha acquistato dispositivi medici per circa 6 miliardi di euro, pari al 5,4% del proprio bilancio - dice Massimo Riem, presidente di Fifo Sanità Confcommercio, Federazione italiana fornitori ospedalieri - sommando spesa pubblica e privata in dispositivi medici otteniamo una spesa complessiva pro capite che è tra le più basse in Europa, pari a circa 190 mila euro contro una media di 213 mila, ma in Germania è di 373 mila. Nonostante ciò, anni fa è stata introdotta una norma che fissa un tetto di spesa ancora più basso, pari al 4,4%. Sopra tale tetto, il payback prevede che siano le imprese a dover rimborsare il 50% della spesa regionale effettuata in eccesso. Una norma ingiusta e fortemente vessatoria". "Il payback nasce con l'intento di contenere la spesa sanitaria, un fine giusto, ma è lo strumento in sé che è sbagliato, perché deresponsabilizza gli amministratori pubblici ribaltando sui privati eventuali errori di gestione e di programmazione degli acquisti", dice l'avvocato Micaela Grandi, esperto in contrattualistica pubblica. "Inoltre i contratti vengono stipulati all'esito di procedure di gara che hanno esattamente lo scopo di contenere i costi. Quindi come può un'azienda avere ulteriori margini per restituire parte del prezzo ricevuto?". "Il payback non può essere una soluzione per risanare i bilanci di alcune Regioni a discapito delle piccole e medie aziende, che peraltro si trovano già in grande sofferenza per via delle politiche di acquisto al prezzo più basso, oltre che della pandemia", afferma Giorgio Sandrolini, imprenditore di una piccola azienda che opera nel settore dei dispositivi medici. Ma qual è la storia di questa norma cost palesemente iniqua? Nel 2011 il governo Monti introduce un tetto alla spesa pubblica in dispositivi medici. Fissato originariamente al 5,2% del Fondo sanitario ordinario, il tetto in questione è stato successivamente oggetto di ripetute revisioni al ribasso che l'hanno portato dapprima al 4,9%, poi al 4,8% e infine al 4,4% a decorrere dal 2014.
"La logica di tali revisioni è sempre stata di natura contabilistica, mai economica, ovvero ha sempre significato dare una copertura puramente sulla carta alle varie ipotesi finanziarie che si sono succedute, prescindendo da valutazioni riguardanti la congruità del tetto rispetto ai livelli di assistenza da assicurare" sottolinea Riem. Le Regioni sforano il tetto, lo Stato ripiana, finché nel 2015 il governo Renzi vara il payback, stabilendo che, in caso di sforamento da parte di una Regione, una parte (pari al 40% nel 2015, al 45% nel 2016 e al 50% dal 2017) della spesa in eccesso dovesse venir rimborsata dalle imprese fornitrici (ciascuna pro-quota, verosimilmente in base all'incidenza percentuale del proprio fatturato sul totale della spesa nella regione in questione). "Dovevano essere varati dei decreti attuativi, erano previsti una serie di passaggi che sono stati totalmente disattesi" spiega il presidente di Fifo. "Finché nell'agosto del 2022 Daniele Franco, ministro dell'Economia e delle Finanze del governo Draghi che aveva iscritto a bilancio dello Stato queste poste di disavanzo, con un unico decreto attuativo certifica i disavanzi delle Regioni dal 2015 al 2018, impone alle Regioni di metterli a bilancio per non essere commissariate, di certificare gli importi e di richiedere entro il 15 gennaio di quest'anno a tutte le aziende la corresponsione degli importi solidalmente Regione per Regione". Solo per i primi 4 anni la cifra da rimborsare per le aziende è pari a 2,1 miliardi, ma se si includono anche il 2019 e il 2020 si arriva secondo i calcoli di Fifo a 3,6-3,7 miliardi. Ci sono Regioni che hanno sforato di più, come Toscana e Puglia, perché hanno un fortissimo impatto della sanità pubblica: c'è dunque anche un tema di incongruità della norma su base territoriale. "I tempi di attuazione della norma erano del tutto inaspettati" mette in evidenza Riem. "Nessuno poteva ragionevolmente pensare che dopo 7 anni di totale inattività il governo Draghi come ultimo atto avrebbe varato un decreto che conteneva la scadenza al 15 gennaio per il payback. Un decreto che si chiama Aiuti bis: se questo è il modo di aiutare le imprese...". A quel punto Fifo ha manifestato la totale incongruità di questa norma. "Non siamo riusciti a incardinare la soluzione nella manovra per un problema di risorse, ma il governo ha varato un decreto con una proroga al 30 aprile", osserva il presidente di Fifo. "La sola sospensione è un passaggio necessario ma non sufficiente per tutelare le migliaia di aziende che sostengono il Sistema sanitario nazionale. Auspichiamo un urgente tavolo tecnico per un confronto sul superamento della norma stessa. Siamo favorevoli a un innalzamento del tetto di spesa sanitario dal 4.4% al 5.2% sul totale della spesa pubblica, in linea con la media europea e con i dati nazionali di consumo pregressi". L'altro paradosso è che le imprese, anche se costrette a pagare per il payback, non potrebbero fermare le forniture, perché si tratterebbe di interruzione di pubblico servizio. "Produrremmo disavanzo per noi ma non potremmo sospendere il servizio ma se le aziende falliscono allora si che lo sospendono". Ora la palla passa al governo Meloni. "Stiamo lavorando da mesi con le istituzioni per far comprendere i rischi per la sanità italiana e per le aziende del settore che stanno per essere messe in ginocchio dal payback" aggiunge Riem. "Le micro, piccole e medie imprese fornitrici di dispositivi medici non potrebbero mai superare tali richieste, siamo riusciti a dar loro una piccola boccata d'ossigeno. Ma sappiamo che questa sospensione non rappresenta la soluzione al problema Adesso chiediamo con urgenza di definire il superamento del payback sui dispositivi medici, precisando che le responsabilità di eventuali sforamenti pregressi e futuri devono restare in capo alle singole Regioni".
tratto da ECONOMY
di Riccardo Venturi
La stima dell’impatto del payback 2015-2020 sulle imprese
Sulla base dei dati resi pubblici dalla Corte dei Conti (che, per quanto riguarda i tetti di spesa 2015-2020, ha ripreso quelli dei due Accordi Stato-Regioni sopracitati), FIFO ha stimato lo sforamento della spesa e il payback a carico delle imprese fornitrici del SSN.
La spesa è cresciuta nell’arco di tempo considerato del 18,3%, passando da 5,8 miliardi di euro nel 2015 a 6,8 nel 2020. Nell’ultimo anno, in particolare, la spesa è cresciuta del 7,3%, pari in valore assoluto a oltre 460 milioni di euro.
Dati i tetti lo sforamento complessivo è cresciuto nell’arco dei sei anni considerati sia in valore assoluto che in percentuale della spesa ammessa. Complessivamente il payback che le aziende sono tenute a pagare ammonterebbe alla cifra “monster” di 3,6 miliardi di euro, che confrontata alla spesa annua pubblica in dispositivi medici ne rappresenta ben oltre il 50%.
Sforamento nella spesa a livello nazionale e relativo al payback complessivo
Valori in milioni di euro e in %
2015 | 2016 | 2017 | 2018 | 2019 | 2020 | |
Tetto di spesa | 4.800 | 4.856 | 4.925 | 4.962 | 5.011 | 5.261 |
Spesa effettiva | 5.782 | 5.838 | 5.986 | 6.226 | 6.430 | 6.842 |
Sforamento (mln.euro) | 1.041 | 1.052 | 1.105 | 1.287 | 1.419 | 1.642 |
Sforamento (in %) | 21,7 | 21,7 | 22.4 | 25,9 | 28,3 | 31 |
Payback | 416 | 474 | 553 | 643 | 710 | 821 |
Fonte: Elaborazioni FIFO Sanità su dati Corte dei Conti (2020, 2021) e Accordi Stato-Regioni 2019
Riem: "Centinaia di aziende saranno costrette a chiudere"
“Come Federazione che rappresenta le pmi in Sanità - ha detto il presidente di FIFO, Massimo Riem - siamo assolutamente d’accordo a perseguire una spesa pubblica razionale e oculata. Ma questo obiettivo non può passare per una deresponsabilizzazione degli amministratori e un tracollo del tessuto delle pmi italiane. Con l’attuazione del payback centinaia di aziende saranno costrette a chiudere, con la conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro. Le imprese non saranno più in grado di fornire dispositivi medici, a gennaio ci troveremo davanti a una crisi senza precedenti da un punto di vista economico e sanitario”. "Chiediamo la cancellazione di questa norma - ha concluso Riem - che è inapplicabile e chiediamo l'apertura di un tavolo di discussione con il governo".
a cura di
Ugo Da Milano
Decreto aiuti Bis: "confermato il Payback
Nel Decreto Aiuti bis il governo ha confermato il payback sui dispositivi medici che obbliga le aziende del comparto Sanità a rimborsare il 50% delle spese effettuate in eccesso dalla regioni. "Una pratica ingiusta - ha commentato Fifo, la Federazione italiana fornitori ospedalieri - che mette a rischio la tenuta delle pmi del settore, compromettendo il Sistema sanitario nazionale".
Con l'approvazione di questa normativa, secondo Fifo, si mette a rischio il tessuto dei fornitori ospedalieri, composto per il 95% da micro, piccole e medie imprese, con oltre 100mila lavoratori coinvolti. "Il fine ultimo del contenimento della spesa pubblica - ha aggiunto la Federazione - è sicuramente corretto, ma il provvedimento del payback è ingiusto e assolutamente vessatorio", perché deresponsabilizza gli amministratori pubblici, penalizzando invece i produttori e i distributori di dispositivi medici.
I contratti di forniture di dispositivi medici vengono stipulati al termine di gare pubbliche che hanno già l’obiettivo, tra gli altri, di contenere i costi della spesa pubblica. La restituzione del 50% della spesa alle regioni incide fortemente sui bilanci delle piccole e medie imprese, che non possono poi sottrarsi dall'eseguire o interrompere le forniture di beni o servizi, una volta vinta una gara pubblica.
Secondo i dati di Fifo, solo per il quinquennio 2015-2020 le aziende dovrebbero restituire in media somme pari a metà del proprio fatturato annuo (circa 3,6 miliardi di euro), con ingenti difficoltà fiscali, trattandosi di bilanci già depositati, e con modalità vessatorie che
prevedono anche la compensazione dei crediti vantati dalle imprese fornitrici nei confronti
delle aziende sanitarie.
“Come Federazione che rappresenta le pmi in Sanità - ha dichiarato il presidente di Fifo,
Massimo Riem - siamo assolutamente d’accordo a perseguire una spesa pubblica razionale
e oculata, ma questo obiettivo non può passare per una deresponsabilizzazione degli
amministratori e un tracollo del tessuto delle pmi italiane. Tutto ciò, poi, potrebbe tradursi in una
mancanza di forniture di dispositivi medici essenziali per la cura dei pazienti, e dei servizi di
assistenza tecnica agli ospedali, la cui importanza si è evidenziata durante la recente
pandemia".
Alla luce di questa situazione, Fifo ha richiesto un confronto immediato con il governo per trovare una soluzione condivisa e una strategia alternativa "altrimenti saremo costretti ad intentare un’azione legale per tutelare aziende e lavoratori che, con enormi sacrifici, negli ultimi due anni hanno contribuito ad uscire dall’emergenza", ha concluso il presidente Riem.