Le malattie da accumulo lisosomiale colpiscono un neonato ogni 4.000: ecco perché medici e associazioni chiedono che vengano inserite nello screening neonatale

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Lo screening neonatale esteso (Sne) può aiutare migliaia di bambini che ogni anno vanno incontro a disabilità gravissime o a morte prematura. La legge di bilancio 2019 (art.1 C. 544) stabilisce l’inserimento di 10 patologie metaboliche, tra cui le malattie da accumulo lisosomiale, nella lista nazionale dello screening neonatale, modificando di conseguenza la Legge 167/2016. Ma fino ad oggi questo obiettivo non ha ancora trovato compimento. Eppure, le condizioni ci sono tutte.

Nell’ambito di ‘Raro chi trova‘, l’iniziativa promossa da Takeda con il patrocinio di Sip – Società italiana di pediatria e di Aiaf – Associazione italiana Anderson-Fabry, Aig – Associazione italiana Gaucher, Aimps – Associazione italiana Mucopolisaccaridosi e Cometa ASMME – Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie, un Report condotto dall’Istituto AstraRicerche ha raccolto dati, esperienze e testimonianze di clinici, società scientifiche e associazioni dei pazienti sul valore e l’utilità dello screening neonatale esteso (Sne) per le malattie da accumulo lisosomiale, analizzando i risultati dei progetti pilota portati avanti dalle regioni Toscana e Veneto, che sono diventati paradigma di ‘best practice’ in questa area.

Le evidenze parlano chiaro sui motivi per cui è necessario includere nello Sne le malattie da accumulo lisosomiale: la frequenza di casi positivi riscontrata sugli oltre 400.000 test effettuati nei progetti pilota in queste regioni è un forte elemento razionale per la sua estensione; accanto all’elevata frequenza della sintomatologia non neonatale: in Veneto, infatti, dove sono stati sottoposti a screening 250.000 pazienti, il risultato è stato di individuare un neonato positivo ogni 4.000.

AGGIUNERE UNA PATOLOGIA ALLO SCREENING NON CAMBIA I COSTI

Altro dato significativo: la sostenibilità economica. Lo screening neonatale esteso ha un relativo basso costo, qualche decina di euro a neonato, l’inserimento delle patologie da accumulo lisosomiale non cambierebbe le cose. Emerge dal Report l’esigenza di rivedere il modello di screening, nonostante il sistema italiano sia un esempio virtuoso: pochi Centri ma molto selezionati, ad alta tecnologia e con personale super specializzato. Ma resta la necessità di inserire questo modello di best practice in un percorso che deve servire a migliorare la storia naturale della malattia, con una presa in carico della coppia a partire dalla gravidanza.

UNA DIAGNOSI PRECOCE PUÒ CAMBIARE LA VITA DEL PAZIENTE

Il Report è stato portato all’attenzione delle istituzioni con l’obiettivo di sensibilizzarle ad accelerare l’estensione del panel dello screening neonatale esteso. L’utilità dello screening neonatale esteso non è in discussione. Una diagnosi precoce può cambiare l’approccio terapeutico e la vita del paziente e questo è vero soprattutto per le malattie da accumulo lisosomiale, patologie croniche di origine genetica che si manifestano spesso nei primissimi anni di vita causate da un difetto o assenza di uno degli enzimi contenuti nei lisosomi.

IL TEST VA FATTO A 72 ORE DALLA NASCITA

‘Lo screening neonatale è effettuato solo per le malattie che rispondono a precise caratteristiche: disponibilità di un test per le medesime, applicabilità del test all’intera popolazione di neonati, e che si tratti di malattie trattabili- ha spiegato Giancarlo La Marca, direttore Laboratorio screening neonatale allargato, Azienda Ospedaliera Universitaria Meyer di Firenze-. Il test va effettuato entro le 72 ore dalla nascita, l’infermiere raccoglie il tampone che consiste in una goccia di sangue, l’analisi viene fatta da personale tecnico con specifica preparazione e il risultato è disponibile dopo 48-72 ore. Sono possibili falsi positivi ma il second tier test, fatto dallo stesso spot di sangue originale, per cui non serve un secondo prelievo, aumenta molto la specificità diagnostica, riducendo i falsi positivi’.

ALCUNE MUTAZIONI POSSONO MANIFESTARSI ANCHE DOPO 50 ANNI

‘Le malattie lisosomiali- continua La Marca- sono l’emblema dei punti interrogativi sullo screening neonatale: non c’è alcun dubbio che lo screening sia utile, anzi, necessario; ma alcune mutazioni hanno manifestazioni molto tardive, e l’interrogativo è se si debba comunicare ai genitori che il loro bambino avrà la manifestazione della malattia, che potrebbe presentarsi anche dopo 40 o 50 anni di vita. Diverso è il caso delle forme a esordio precoce, delle forme gravi fin dall’infanzia per le quali lo screening neonatale dà notevole vantaggio’.