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1 Settembre 2021Invalidità civile, vincolare gli importi al reddito: l’ipotesi dell’Inps fa discutere
Da: REDATTORE SOCIALE Disabilità
ROMA – A luglio l’Inps ha presentato a Montecitorio il suo Rapporto annuale 2021, che è stato esposto dal presidente Pasquale Tridico. Un rapporto lungo, tecnico, illustrato con parole di non facile comprensione: eppure i temi lì contenuti toccano la vita e gli interessi di milioni di italiani, persone con malattie croniche e rare, con disabilità importanti e su di loro, che abbiano o meno compreso le parole, ricadranno le eventuali conseguenze delle decisioni dell’Istituto. Idee che partono tutte da un presupposto chiaro: la volontà – o forse “solo” la necessità – di ottimizzare le risorse, soprattutto in termini di prestazioni assistenziali: in una parola, risparmiare. Il tema non è nuovo ma è stato portato con particolare forza e messo nero su bianco: per effetto della pandemia – ha spiegato il Presidente – l’occupazione si è ridotta e sono cresciute le necessità di ammortizzatori sociali. In particolare, si legge nella relazione di Tridico – che gli esperti dello Sportello Legale di OMaR hanno esaminato – “[..] Sarebbe giusto accentrare il processo di accertamento della malattia in Inps, evitando quello presso le ASL, semplificando le commissioni, per dare omogeneità di giudizio e tempi certi e brevi nelle decisioni. Nel medio periodo, poi, sarebbe necessario rivedere l’assegno di accompagnamento, modulandolo sul reddito e affiancando al contributo economico dei servizi di cura e assistenza alla persona”.
Vincolare le prestazioni economiche all’Isee
Il primo campanello d’allarme che suona leggendo il rapporto è quello relativo all’ipotesi di vincolare al reddito anche le prestazioni economiche legate al riconoscimento dell’invalidità civile. Ipotesi certamente discutibile, specie se pensiamo pragmaticamente come effettivamente potrebbe penalizzare le famiglie con i redditi medio bassi. “In sostanza – ha affermato Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttore di Osservatorio Malattie Rare – se davvero si vuol legare l’assegno al reddito, cosa che per altro sarebbe da discutere, vorrà dire che per i redditi alti questo si ridurrà, ma deve necessariamente anche voler dire che per i redditi bassi questo aumenti considerevolmente per arrivare a una somma che permetta, a chi davvero non ha altre fonti reddituali, di vivere in maniera dignitosa. Ho qualche dubbio che l’idea sia quella di andare in questa direzione, non vorrei invece che si vada in un unico senso, quello di togliere ad alcuni senza dare ad altri”.
L’ipotesi di legare l’indennità di accompagnamento al reddito è stata già smentita a livello politico dal ministro Andrea Orlando, intervenuto durante un congresso Fish. Le parole scritte nero su bianco sul Rapporto Inps, però, restano, aver paventato questa ipotesi rimane un’evidenza sulla quale continuare a vigilare.
Valutare l’invalidità, senza i medici della Asl
Sempre per ottimizzare le risorse, in ambito di invalidità civile, il presidente Inps riterrebbe necessaria una riorganizzazione del processo di accertamento dell’invalidità stessa. Teoricamente la semplificazione delle commissioni potrebbe essere un’ottima notizia a vantaggio dei cittadini e in particolar modo dei malati rari, che riscontrano così tante difficoltà per vedersi riconosciuta una percentuale di invalidità civile congrua. Però a fronte di questi ipotetici benefici è lecito avere anche dei dubbi, a partire dal dato di fatto che – lo testimoniano le tantissime vicende dei malati – i medici Inps sono poco formati e aggiornati in materia di malattie rare. “Per facilitar loro questo compito potrebbe essere opportuno, prima di adottare questa riforma e provarla sulla pelle dei malati, procedere ad un aggiornamento delle vetuste tabelle del 1992, che esplicitano i criteri per la valutazione dei deficit funzionali di sole 7 malattie rare. Il modello potrebbe anche essere buono, ma parliamo di 7 su circa 700 malattie rare attualmente identificate con un codice di esenzione. Visto che ci siamo però, perché non esplicitare anche i criteri per le malattie croniche provviste di codice di esenzione non inserite nelle tabelle preesistenti?”, ha domandato il direttore di Osservatorio Malattie Rare.
Basterebbe predisporre un database molto semplice, all’interno del quale riportare codice di esenzione, ICD9, classe funzionale, condizione clinica, specialista di riferimento e percentuale fissa di invalidità laddove possibile (specie ove presente una condizione genetica), oppure congrua forbice di percentuali applicabili. In fondo per alcune patologie è stato fatto, si tratta di mettere a frutto ed estendere l’esperienza.
La rivedibilità, anche quando migliorare è impossibile
Nella relazione Inps non se ne fa cenno, eppure per tanti malati rari e cronici il tema è di cruciale importanza. Parliamo della rivedibilità periodica dell’invalidità, da molti subita come umiliazione di fronte al peso di una patologia che non solo non può migliorare, ma che spesso è anche progressiva, e quindi destinata a peggiorare. “Considerando che la maggior parte delle malattie rare sono genetiche e dalle quali, eccetto pochissimi casi, non si guarisce mai, sarebbe davvero giunto il tempo di dotarsi di un database chiaro, che accanto al codice di esenzione, al nome della patologia, alle indicazioni sulle percentuali di invalidità e alle altre informazioni essenziali, riporti anche un bel ‘No rivedibilità’. I pazienti lo sanno già che da certe patologie non si guarisce mai, è tempo che ne prenda atto anche l’Inps”, ha concluso Ilaria Ciancaleoni Bartoli.
Che ci sia necessità di lavorare su questo tema è evidente, tanto che nel 2018 Inps aveva già emesso le “Linee guida sulla previsione di rivedibilità in caso di malattie rare” che impongono ai medici legali Inps di riconoscere obbligatoriamente a tutti i minori malati rari con invalidità grave, riconosciuta ai sensi della Legge 104, anche l’indennità di accompagnamento e comunicazione, senza rivedibilità. Per quanto riguarda i malati rari adulti, invece, l’indicazione della circolare è quella di valutare caso per caso la necessità di queste due indennità, evitando in ogni caso di prevedere la rivedibilità dell’assegnazione della pensione di invalidità in caso di quadro clinico stabilizzato.
Le linee guida però, in troppi casi, vengono regolarmente disattese. Nel 2019 Inps si è dedicato dunque ad emanare delle linee guida dedicate a singole patologie, emanando ad esempio quelle dedicate alla Sindrome di Williams, frutto della collaborazione con l’Associazione Italiana Sindrome di Williams Onlus. Ha redatto anche le linee guida dedicate alla Distrofia di Duchenne, in collaborazione con Parent Project Onlus e UILDM. Nonostante ciò ci sono ancora bambini con distrofia muscolare che vengono chiamati a presentarsi in commissione per la rivalutazione dopo 3 anni. Come se nel frattempo potessero essere guariti o migliorati.