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29 Giugno 2022Fenilchetonuria: c’è bisogno di altri medici che se ne occupino
- Autore: Redazione O.Ma.R.
- 27 Giugno 2022
La preoccupazione dei clinici e delle associazioni di pazienti
“A differenza di quanto si pensi, le malattie metaboliche rare ereditarie, non sono un problema di pochi. A oggi, secondo l’ultima classificazione, sono circa 1.500 le malattie metaboliche rare. C’è bisogno di medici che se ne occupino, se vogliamo che continuino a essere seguite dal Sistema Sanitario Nazionale. A oggi, i concorsi vanno deserti. C’è anche bisogno di sensibilizzare su questa malattia e sulle altre, e di formare i medici di medicina generale. Se vogliamo preservare il futuro della presa in carico, e se vogliamo limitare il fenomeno dei pellegrinaggi da un centro all’altro, che a tuttora si verifica, questa è la strada”. È la dichiarazione di Alberto Burlina, Direttore dell’UOC Malattie metaboliche ereditarie, Direttore del Centro regionale malattie metaboliche ereditarie della Regione Veneto e direttore del Programma regionale screening neonatale allargato per le malattie metaboliche ereditarie dell’azienda ospedaliera Università di Padova, intervenuto questa mattina all’evento PKU&Noi dedicato alla fenilchetonuria.
Il tema è stato sottoposto all’attenzione dell’Onorevole Fabiola Bologna, Segretario della Commissione Affari Sociali e Sanità, Commissione Bicamerale per l’Infanzia e l’Adolescenza.
C’è una grande disparità tra Nord e Sud del Paese: i centri di riferimento per la diagnosi e la cura delle malattie metaboliche rare, come la PKU, stanno affrontando la difficoltà di avere pochi medici a disposizione. Quelli attualmente presenti sono pochi e vicino all’età della pensione, come sopperire alla mancanza che si verificherà a breve? “Negli ultimi mesi, a più riprese, abbiamo attenzionato il tema della mancanza di medici specialisti. Proprio questa settimana abbiamo presentato un question time in Commissione Affari Sociali Sanità per sottolineare l’emergenza in atto che, data la carenza di professionisti, conduce ad aberranti soluzioni in particolare favorendo il ricorso da parte delle Aziende sanitarie a cooperative e agenzie di servizi che forniscono medici esterni “a gettone” per gestire il regolare funzionamento dei reparti, dal Pronto Soccorso alle Unità Operative Complesse ai servizi di Specialistica ambulatoriale che non garantiscono la continuità assistenziale – afferma l’Onorevole Fabiola Bologna – Gli specialisti che si stanno formando con l’aumento delle borse di specializzazione saranno pronti tra qualche anno, nel frattempo è necessario prevedere una maggiore organizzazione nella allocazione dei professionisti sanitati disponibili, con una gestione del personale che deve guardare al bisogno del cittadino e al benessere del lavoratore, bisogna valorizzare sia in termini di carriera che economica i sanitari dipendenti in modo da fidelizzarli, bisogna strutturare un flusso tra ospedale e territorio di specialisti, facendo in modo che il sanitario più anziano possa scegliere di continuare a lavorare in una situazione con meno carico di stress e di turni notturni e investire nella valorizzazione dei giovani specialisti all’interno dei reparti in modo da garantire un turn over non solo vantaggioso per la cura del paziente ma anche per il benessere e il mantenimento in servizio dei sanitari scongiurando derive di mercato nel servizio pubblico.”
Durante lo stesso evento le Associazioni Pazienti hanno sottolineato un tema a noi ben noto: l’accesso ai prodotti aproteici e alle miscele amminoacidiche, distribuite nelle farmacie, è consentita solo nella Regione di appartenenza in erogazione con il SSN. Mentre, se si è fuori per lavoro, o per vacanza in un’altra Regione, i prodotti aproteici e le miscele debbono essere pagati. Perché? «I prodotti aproteici così come le miscele amminoacidiche sono dei prodotti indispensabili per i Fenilchetonurici. La criticità da risolvere è la difformità di erogazione e rimborso: invero, i rimborsi sono molto diversi a seconda della regione per cui é difficile garantire una erogazione omogenea e facilitata in ogni regione del Paese ci si trovi; ciò è legato proprio alla regionalizzazione dei contratti di acquisto e rimborso su questi prodotti. Occorre valutare questa esigenza e prevedere una uniformità di trattamento ed un’erogazione equa e paritaria su tutto il territorio nazionale, onde evitare irragionevoli disparità, attraverso un dialogo proficuo tra ministero, regioni e aziende», sottolinea l’Onorevole Fabiola Bologna.
Il bisogno di integrazione su tutto il territorio, non solo nazionale ma europeo, affinché chi è affetto da Fenilchetonuria possa avere una migliore qualità di vita e una minore preoccupazione relativamente all’approvvigionamento, alla presa in carico e alle terapie mentre si muove per vacanza, studio o lavoro, è emerso parlando dei MetabERN, le reti europee di riferimento per le malattie metaboliche. Ma che cosa sono? MetabERN è un programma, non è un progetto, e tengo a sottolinearlo perché a differenza di un progetto non è destinato a finire quando i finanziamenti si saranno esauriti, istituito dalla Commissione europea nel 2017. I programmi vengono rinnovati ogni cinque anni. I primi li abbiamo conclusi a febbraio di quest’anno, e ora abbiamo iniziato il secondo quinquennio che finirà nel 2027. MetbERN è uno dei pochi ERN dove non c’è una selezione di malattie, ma ci occupiamo di tutte le malattie metaboliche, vecchie e nuove. Nuove, perché ogni mese vengono identificate circa 20 nuove malattie metaboliche rare. Siamo 27 Paesi, e non abbiamo escluso l’Inghilterra, perché nonostante Brexit, l’UK è tra i Paesi più esperti in queste malattie. MetabERN è composto da sette sottonetwork che riguardano la ricerca, lo screening neonatale, la generazione di un corso per la certificazione per le malattie metaboliche con l’obiettivo anche di attrarre medici nuovi dei quali abbiamo molto bisogno, trails clinici, e linee guide europee per creare uniformità sulla diagnosi, sul trattamento e sulla terapia. Oggi, questa uniformità ancora non c’è”, premette Maurizio Scarpa, Responsabile centro di Coordinamento Regionale Malattie Rare della Regione Friuli Venezia Giulia, Coordinatore europeo MetabERN.
Come si integrano i MetabERN con le realtà locali? “Ognuno di noi, appartenente ai MetabERN, lavora in sistemi pubblici o privati convenzionati con il SSN. Quindi, siamo già integrati, in qualche modo. Gli ERN e i membri degli ERN non devono essere ritenuti fuori dal SSN, così come le reti ERN. Dal 2001 abbiamo una legge nazionale sulle malattie rare che prevede che ogni Regione abbia un coordinamento regionale che coordina una rete. Una rete ERN, dunque, ha al suo interno dei membri che sono già presenti nelle reti italiane” sottolinea Maurizio Scarpa. E allora qual è il vantaggio di avere membri ERN all’interno del SSN? “Il vantaggio è evidente: dei MetabERN fanno parte 101 ospedali europei di eccellenza nel trattamento delle malattie metaboliche. Noi, quindi, possiamo traslare delle conoscenze e delle attività di altre realtà, e, di contro possiamo trasferire il nostro sapere anche in Europa. Questo permette un flusso di informazioni di gran lunga maggiore rispetto a chi è fuori dalle reti ERN. Abbiamo anche una piattaforma europea che ci permette di caricare, nel pieno rispetto del GDPR, qualsiasi dato sensibile del paziente e di fare consulenza anche su casi molto difficili. La consulenza viene inserita nel fascicolo sanitario del paziente. Essere membro ERN, inoltre, facilita l’accesso ai programmi di ricerca, dà la possibilità di avere uno scambio anche finalizzato all’acculturamento dei medici. Possiamo rappresentare un punto di incontro tra l’Europa e l’Italia, permettendoci di portare l’Europa in Italia e di trasferire il sapere italiano in Europa. L’esempio è lo screening neonatale: in Italia siamo stati pionieri in Europa, partendo con una legge del 2016 che obbliga tutti i neonati allo screening neonatale per le malattie metaboliche e altre malattie. Adesso partirà la SMA. A livello europeo stiamo facendo un lavoro di sensibilizzazione per aumentare la capacità di screening di altri Paesi, come la Francia, la Germania e la Spagna, per esempio. Oltreché aiutare Paesi dell’Est europeo ad avere delle esperienze tecniche e tecnologiche sufficienti per lo screening neonatale. Avere gli ERN in Italia vuol dire rafforzare le capacità diagnostiche, terapeutiche e assistenziali delle reti regionali”, sottolinea Maurizio Scarpa.
Se con legge italiana lo screening neonatale è diventato obbligatorio su tutto il territorio nazionale nel 2016, l’introduzione dello screening era già stata attuata dai primi anni ’90 nel nostro Paese. Come comunicare l’arrivo della diagnosi ai genitori, che in genere è uno shock? “Le madri e i padri, una volta ricevuta la diagnosi, hanno bisogno che le loro paure trovino ascolto, hanno bisogno di sostegno e di essere accompagnati nella conoscenza della malattia, della sua gestione. Lo psicologo, fin dalla diagnosi, sarà un ponte che collegherà i genitori e lo staff medico che seguirà il figlio, per fare anche il focus su quelle che potrebbero essere le reazioni nascoste di quel momento, per creare empatia tra loro e il curante”, conclude Chiara Cazzorla, psicologa e psicoterapeuta presso la U.O.C. Malattie Metaboliche Ereditarie, dell’A.O. di Padova.
Soprattutto durante il periodo dell’infanzia, però, seguire la dietoterapia per la PKU può essere anche un fattore che fa sentire il bambino escluso o diverso a scuola, durante l’ora della merenda o durante le feste di compleanno per esempio. “È fondamentale che i genitori acquisiscano sin da subito gli strumenti per comunicare al meglio con il loro bambino anche questi aspetti. Spiegando, attraverso l’uso di metafore, esempi o immagini che ai più piccoli sono più familiari, il perché delle visite, della dieta, della differenza dei cibi rispetto agli altri, coinvolgendoli nella gestione della malattia cucinando insieme fin dall’inizio, mostrandogli quali sono le farine adatte a loro o come si usano i preparati di miscele aminoacidiche. Questo aiuterà il bambino nel suo processo di autonomia e di autoefficacia. E non solo: lo metterà nelle migliori condizioni di condividere con gli amici o con i compagni il perché della differenza della sua dieta. La differenza, allora, non sarà vista più come un limite, ma sarà una caratteristica”, aggiunge Chiara Cazzorla.
L’adolescenza, lo sappiamo, è una fase della vita articolata per tutti. E lo è anche per i ragazzi con Fenilchetonuria (e per i loro genitori). Qualche trasgressione alle regole potrebbe esserci, così come la voglia di viaggiare, di studiare all’estero, o di sperimentare quanto non si è ancora sperimentato, dovendo continuare a seguire la dietoterapia e assumendo gli integratori necessari anche fuori casa. «La letteratura ci dice che l’aderenza alla terapia, in questo momento della vita dei ragazzi, può subire un forte scossone. Noi, da un certo punto di vista, ce lo aspettiamo, ed è lì che bisogna rilavorare sui genitori e sui ragazzi: non ci stiamo più rivolgendo a un paziente pediatrico, ma a un adolescente e dobbiamo dargli altri strumenti per gestire la dieta fuori casa, cambiando sia il nostro approccio che quello dei genitori. Inizia il cosiddetto momento della transizione, dall’età pediatrica all’età adulta», osserva Chiara Cazzorla.
L’evento PKU&Noi (che si può vedere in versione integrale sul sito pkuenoi.it) è stato voluto da 7 Associazioni pazienti, AMMeC, A.P.M.M.C., Cometa ASMME, A.ME.GE.P. Domenico Campanella, IRIS Associazione Siciliana e Cometa Emilia Romagna, AISMME. È stato organizzato da Atstrat, e ha ricevuto il patrocino dell’Istituto Superiore di Sanità, UNIAMO, Fondazione Telethon e delle società scientifiche SIMMESN e SINUPE.