SUCCESSO PER LA TERAPIA GENICA CONTRO L’ADRENOLEUCODISTROFIA
11 Novembre 2009Campagna di sensibilizzazione Natale 2009
16 Novembre 2009DAI GLOBULI ROSSI RIPROGRAMMATI SPERANZE PER LA SINDROME DI HURLER
Ricercatori americani hanno trapiantato con successo cellule staminali ematopoietiche geneticamente modificate nei topi, in modo che i loro nuovi globuli rossi producessero un enzima lisosomiale capace di prevenire o ridurre i danni agli organi o al sistema nervoso centrale, legati alla sindrome di Hurler.
I ricercatori del Cincinnati Children’s Hospital Medical Center, descrivono i loro risultati su ‘Pnas’, aprendo cosi’ la strada a un nuovo approccio di terapia genico-molecolare. Si tratta di una ricerca mirata ad ampliare le opzioni terapeutiche destinate ai bambini con la sindrome di Hurler, spiega Dao Pan, primo autore dello studio.” Nei ratti a cui è stata somministrata questa terapia, le disfunzioni degli organi periferici sono stati normalizzati completamente” afferma Dao Pan, “e inoltre abbiamo registrato anche significativi miglioramenti nella funzione neurologica e nella patologia cerebrale”.
I lisosomi delle cellule dei bimbi con la sindrome di Hurler non contengono un enzima vitale chiamato Idua, che le porta ad accumulare troppi mucopolisaccaridi.
Un accumulo eccessivo che, spiegano i ricercatori, si traduce in un danno tissutale progressivo localizzato negli organi e nel sistema nervoso centrale. Gli studiosi hanno sperimentato il loro approccio prima su cellule di pazienti, quindi – dopo il successo ottenuto con un vettore virale – hanno allevato in coltura alcune staminali ematopoietiche di topi modello della malattia. Quindi hanno ingegnerizzato queste staminali, riprogrammandole per produrre l’Idua, e hanno eseguito un trapianto di midollo sugli animali malati, usando proprio queste cellule ingegnerizzate ad hoc. I ricercatori a questo punto sono ottimisti, anche se e’ necessario valutare l’efficacia di questo approccio in modelli animali piu’ grandi, prima di pensare a un trattamento sull’uomo. Anche per spiegare come mai la cura sembra oltrepassare la barriera encefalica.