Bollettino dell’Ordine dei Medici Chirurghi e delgi Odontoiatri della Provincia di Padova
24 Novembre 2010TELETHON: RICERCA TELETHON: MUCOPOLISACCARIDOSI DI TIPO 6, ROTTA VERSO LA CURA
8 Dicembre 2010Una terapia enzimatica per la MPS-I
Sconfiggere la MPS I, rara malattia metabolica, sembra possibile. Per ora ci sono riusciti, su modelli animali, i ricercatori del Los Angeles Biomedical Research Institute e della Iowa State University (Usa), somministrando un’opportuna terapia enzimatica subito dopo la nascita. Fondamentale è la diagnosi precoce, che potrebbe essere eseguita direttamente dal personale ospedaliero, attraverso un semplice test.
La MPS I – o mucopolisaccaridosi di tipo I – è una malattia causata dal malfunzionamento del gene che sintetizza l’alfa-L-iduronidasi, un enzima che serve a eliminare i cosiddetti mucopolisaccaridi, zuccheri che si formano spontaneamente durante le reazioni cellulari. A causa di questo difetto genetico, le cellule non sono in grado di produrre l’enzima o lo fanno in modo insufficiente, e gli zuccheri si accumulano nelle cellule, causando danni ai tessuti e organi. I malati di MPS I soffrono di problemi di cuore, di ossa e di disturbi nervosi, tutti sintomi che una terapia enzimatica somministrata in età adulta riesce solo lievemente ad attenuare.
Con uno studio pubblicato su Science Translational Medicine, i ricercatori statunitensi hanno ora dimostrato che trattando la MPS I sin dalla nascita è possibile eliminare la maggior parte dei sintomi prima che si manifestino. La cura consiste nell’iniettare l’enzima alfa-L-iduronidasi direttamente nell’organismo del malato, così da ripristinare il normale metabolismo cellulare. Questo trattamento previene infatti l’accumulo degli zuccheri in fegato, polmoni, reni e cuore, mentre un’iniezione enzimatica direttamente nel fluido spinale riesce a prevenire efficacemente tutti i sintomi cerebrali.
“Il nostro studio dimostra che intervenendo per tempo è possibile prevenire quasi completamente i disturbi della malattia”, spiega Patricia Dickson, una delle autrici. Siamo ancora alla prima fase della ricerca clinica ma, secondo la studiosa, il risultato ottenuto dovrebbe intanto spingere a effettuare lo screening per la malattia in tutti i bambini appena nati (vedi Galileo).
Riferimenti: DOI: 10.1126/scitranslmed.3001380