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15 Novembre 2017Padova. In 2 anni quasi 50 mila neonati sottoposti a screening neonatale per la malattia di Pompe
11 Gennaio 2018Screening neonatale, i dati sulle malattie da accumulo lisosomiale nel Nord-Est Italia
Autore: Enrico Orzes
Dal 2015, quattro le patologie testate nei nuovi nati tramite spettrometria di massa tandem.
La malattia di Fabry è la più frequente, la mucopolisaccaridosi di tipo I la più rara
Il ‘modulo di gioco’ impiegato contro le malattie da accumulo lisosomiale (LSD) prevede un attacco costituito dalla terapia di sostituzione enzimatica o da altri trattamenti, e una solida difesa ad opera dei protocolli di screening neonatale. Al centrocampo sono schierate le migliaia di ricercatori che ogni anno si dannano l’anima per contrastare patologie come la mucopolisaccaridosi di tipo I (MPS I), la malattia di Pompe o la malattia di Fabry, tutte caratterizzate dalla carenza, se non dalla mancanza, di proteine di trasporto o di specifici enzimi, che determinano l’accumulo all’interno dei lisosomi di substrati non scomponibili o metabolizzabili dall’organismo, col risultato che gli organi interni dei pazienti incorrono in un progressivo deterioramento.
I progressi compiuti nel cammino della ricerca e le più recenti acquisizioni tecnologiche hanno permesso alle équipe di studio di tutto il mondo di portarsi in vantaggio su questa classe di malattie: da un lato la terapia di sostituzione enzimatica e la terapia genica hanno rinforzato il comparto di attacco insieme ad altre opzioni terapeutiche, come il trapianto di cellule staminali ematopoietiche e il ricorso agli chaperoni farmacologici orali; dall’altro, grazie all’introduzione di metodi analitici sempre più precisi, come la spettrometria di massa tandem, è stato possibile puntellare la difesa concentrandosi sulla diffusione di programmi di screening non invasivi e ampliando così il pannello di malattie individuabili a partire da una semplice goccia di sangue secco (DBS, dried blood spot). Ed è stato proprio il successo degli screening neonatali non invasivi a contribuire in misura maggiore allo sviluppo di protocolli terapeutici sempre più innovativi.
In questo senso, non può passare inosservato il lavoro pubblicato sulla rivista Journal of Inherited Metabolic Disease, condotto da un gruppo di ricerca padovano guidato dal prof. Alberto Burlina, che ha raccolto i dati di 44.411 neonati sottoposti a procedure di screening all’interno del programma di Screening Neonatale Non Invasivo Esteso (ENBS) del Nord-Est Italia tra il 2015 e il 2017. Lo scopo principale è stato di valutare l’efficacia della metodologia di analisi impiegata per l’individuazione neonatale delle 4 principali malattie da accumulo lisosomiale (MPS I e malattia di Gaucher, di Fabry, e di Pompe). Inoltre, i ricercatori si sono proposti di identificare le mutazioni genetiche collegate a queste patologie, e di fornire una stima dell’attuale incidenza di ognuno di questi specifici disturbi.
Gli enzimi ricercati sono stati, rispettivamente: alfa-galattosidasi A per la malattia di Fabry, alfa-glicosidasi per la malattia di Pompe, beta-glucocerebrosidasi per la malattia di Gaucher e alfa-L-iduronidasi per la MPS I. I ricercatori hanno fatto ricorso a moderne tecniche di spettrometria di massa tandem per analizzare i campioni e, cosa più importante in questo genere di analisi, hanno stabilito dei valori soglia (cut-off values) degli enzimi, utili per stabilire quando procedere con i test diagnostici di conferma.
Di tutti i bambini sottoposti a screening, 40 (0,09%) presentavano valori che hanno indotto ad eseguire un secondo test su DBS. Nella metà dei casi è stata avvalorata la bassa attività enzimatica ed è stato eseguito un test di conferma, da cui è emersa la positività per 10 bambini: 2 sono risultati affetti da malattia di Pompe, 2 da malattia di Gaucher, 5 da malattia di Fabry e 1 da MPS I. Ognuno di questi soggetti è stato sottoposto a caratterizzazione clinica e genetica: sono state identificate le mutazioni per ogni patologia ed eseguiti test clinici che hanno permesso di poter procedere con la terapia di sostituzione enzimatica nei bambini affetti da malattia di Pompe e da MPS I.
L’incidenza si è rivelata simile per la malattie di Pompe e di Gaucher (1 malato su 22.205 nati); la malattia di Fabry è apparsa la LSD più frequente delle quattro (1/8882), mentre la MPS I quella più rara (1/44411). L’incidenza combinata dei quattro disordini è stata di 1 malato ogni 4.441 nati.
Gli screening neonatali non invasivi sono uno strumento che si associa perfettamente alle malattie da accumulo lisosomiale, garantendo un alto grado di tempestività nell’applicazione di trattamenti che, soprattutto negli ultimi anni, sono divenuti sempre più efficaci nel migliorare sopravvivenza e qualità di vita dei pazienti. Tuttavia, tali programmi di screening presentano ancora dei punti di dibattito. Innanzitutto, portano sullo stesso piano gli individui con malattia a insorgenza precoce e quelli con una patologia a esordio più tardivo, aprendo un fronte di discussione sulle tempistiche più idonee per l’avvio delle terapie. Il secondo problema, invece, è relativo all’impatto della diagnosi sui genitori dei neonati affetti dai sottotipi di malattia a insorgenza tardiva. In questo caso, ai familiari deve essere spiegato che il bambino avrà, molto probabilmente, una normale infanzia e adolescenza, e che una serie di valutazioni costanti nel tempo serviranno a stabilire l’eventuale manifestazione dei primi sintomi e la conseguente necessità di avviare un percorso terapeutico adeguato.
Cionondimeno, i risultati emersi dal lavoro del gruppo padovano confermano in pieno la validità di questo strumento medico, specie grazie alla possibilità di stabilire dei valori soglia per ogni enzima, in base a cui procedere con test di conferma mirati. Le tecniche di analisi usate hanno raggiunto alti livelli di specificità, limitando i falsi positivi e consentendo di individuare in maniera mirata gli individui affetti da patologie gravi come le LSD. Inoltre, i dati ricavati dall’indagine risultano essere generalmente allineati con quelli di altri studi recentemente condotti, con metodologia simile, non solo in Italia ma anche in altri Paesi d’Europa, ad ulteriore supporto dell’importanza che rivestono i programmi di screening neonatale nella diagnosi precoce di malattie rare e gravi.