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3 Ottobre 2013In pensione con la 104: sì, ma con un assegno ridotto
Fonte: Vita.it- Sara De Carli
Dal congedo parentale alla legge 104 alla disoccupazione: i contributi figurativi valgono per la pensione ma non per evitare il taglio dell’assegno per chi chiede la “pensione anticipata”. Un punto tecnico sui tanti nodi aperti dalla riforma Fornero
L’allarme sulle penalizzazioni che la riforma Fornero riserva ai lavoratori che hanno fruito di congedi parentali, permessi mensili ex lege 104 e permessi per la donazione del sangue sta destando – ovviamente – molta preoccupazione, in particolare fra i genitori di disabili gravi.
Da un lato è bene precisare che la penalizzazione non riguarda tutti i lavoratori, ma solo chi presenta domanda per la “pensione anticipata” (una novità introdotta dalla riforma Fornero), cioè la pensione concessa indipendentemente dall’età anagrafica, a chi ha un’anzianità contributiva fissata per il 2013 in almeno 42 anni e 5 mesi se uomo o 41 anni e 5 mesi se donna. Non è prevista un’età anagrafica minima per potervi accedere, ma per chi chiede la pensione anticipata prima dei 62 anni è stabilita una penalizzazione nel trattamento economico, pari all’1% per ogni anno di anticipo entro un massimo di due anni e al 2% per ogni anno ulteriore rispetto ai primi 2 (legge 214/2011, art. 24, comma 10). Evitare la riduzione dell’assegno si può? Sì, ma solo in una prima fase transitoria, cioè solo per chi maturerà il requisito di anzianità contributiva previsto entro il 31 dicembre 2017. E qui scatta l’iniquo trattamento riservato ai lavoratori che hanno un figlio con disabilità, come pure ai genitori tout court (nella fattispecie soprattutto alle madri lavoratrici) o ai donatori di sangue.
Per evitare il “taglio” della pensione infatti è necessario che l’anzianità contributiva richiesta (cioè i 42 e rotti anni di contributi) derivi esclusivamente da «prestazione effettiva di lavoro» (legge 14/2012). La legge indica esplicitamente che vanno considerati assimilati a prestazione effettiva di lavoro la maternità obbligatoria, la malattia, l’infortunio, la cassa integrazione ordinaria e il servizio militare: tutti gli altri istituti, non essendo citati, sono esclusi. Quindi per chi è arrivato sì ai fatidici 42 anni e rotti mesi di contributi, ma all’interno di essi conta anche alcune (tante o poche che siano) giornate di congedo parentale (la vecchia maternità facoltativa), permesso ex lege 104, permesso speciale di due anni per assistenza ad handicap ex dlgs 151/01, aspettative, disoccupazione, maggiorazioni di servizio a qualsiasi titolo (ad esempio invalidità ex lege 388/00 o benefici amianto)… scatta la penalizzazione economica. A meno che il lavoratore accetti di lavorare il tempo necessario per “compensare” quei giorni di soli contributi figurativi, rinviando la pensione. Il lavoratore che ha usufruito di permessi e congedi sopra ricordati quindi, per l’accesso alla pensione anticipata, dovrà incrementare il servizio effettivo con un periodo di lavoro aggiuntivo pari a quello delle assenze: quello che non ne ha usufruito invece avrà il suo assegno senza decurtazioni.
Quante storie, dirà qualcuno, si tratta poi solo di un 1% massimo 2% di riduzione. Per tutta la vita, però. E con la beffa di vederti rivoltartisi contro un istituto che avrebbe dovuto proteggerti. Per di più, scavando nei documenti tecnici si scopre quanto sia larga la “dimenticanza”, per cui vittime dell’ingiusto trattamento sarebbero a questo punto anche gli invalidi stessi, a cui la legge riconosce una “contribuzione maggiorata” o chi è vittima dell’amianto. Dovendo stare a un’interpretazione letterale della norma – si bisbiglia nei corridoi degli sitituti previdenziali – nemmeno le ferie andrebbero conteggiate, perché anche in quel caso non c’è “prestazione effettiva di lavoro”.
Troppi i nodi e le contraddizioni, anche rispetto a leggi esistenti. Gli enti previdenziali (Inps ed ex Inpdap) hanno quindi sollecitato un chiarimento da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, sottoponendo un lungo elenco di istituti giuridici di cui si chiede di chiarire se siano o meno assimilabili alla definizione di “prestazioni effettive di lavoro” che danno diritto – da qui e fino al dicembre 2017 – a non avere tagli sulla pensione. Fino a quel momento, visto che la normativa esistente non sembra consetire interpretazioni estensive, la penalizzazione si applica. E per tutti gli altri, dal 2018, sconti non ce ne saranno più, in alcun modo. Congedi sì o congedi no.