Per la paziente la speranza da una tecnica rivoluzionaria
21 Novembre 2000Trapianti, ecco la Nuova Strada
La Repubblica – 22 Novembre 2000 eccezionale intervento per curare una glicogenosi Non è stato sostituito l’organo Trapianti: ecco la nuova strada Innestati due miliardi di cellule nel fegato PADOVA – Per la prima volta in Europa, Padova ha sperimentato un trapianto di cellule del fegato. E per la prima volta al mondo ha utilizzato tale terapia per curare la glicogenosi, una malattia congenita spesso ereditaria che, a causa della mancanza di un enzima, provoca un calo degli zuccheri e complicazioni a fegato e cuore. Una malattia che sconvolge la vita, come alla paziente operata, una donna vicentina di 46 anni, costretta fin dalla nascita a mangiare ogni due-tre ore, di giorno e di notte, per evitare un coma da ipoglicemia. E solo ieri la donna è riuscita a spezzare l’incubo dormendo per la prima volta una notte intera, senza bisogno di alzarsi per mangiare. Il rivoluzionario intervento eseguito a Padova apre anche una nuova frontiera nella terapia di tutte le malattie congenite legate al fegato, come hanno sottolineato ieri in una conferenza stampa i cinque medici dell’équipe dell’azienda ospedaliera di Padova, coordinata dal professor Giampietro Giron. L’operazione evita innanzitutto il ricorso al trapianto, che richiede un organo sano. Basta infatti trapiantare cellule epatiche da un fegato ad un altro, senza che l’organo del donatore sia necessariamente in ottime condizioni. Inoltre, come ha evidenziato il professor Maurizio Muraca, “si tratta di un intervento eventualmente ripetibile, e che dà la possibilità di curare con quantità relativamente piccole di cellule più persone con uno stesso fegato”. Le cellule trapiantate nella paziente vicentina, provenienti da un donatore maschio e iniettate attraverso la vena porta con un sistema di cateteri, sono state circa due miliardi, e da un fegato normale se ne possono ricavare circa dieci miliardi. L’unico problema, secondo l’équipe, consiste nella conservazione delle cellule epatiche umane, che non sopravvivono più di sei mesi anche se conservate in azoto liquido, a meno 200 gradi. Ma il trapianto di cellule si può effettuare anche se l’organo del donatore non è perfetto, come quello utilizzato a Padova che invece sarebbe stato scartato per un trapianto dell’organo intero. Ed è proprio questo uno dei vantaggi dell’innovativa terapia: la possibilità, cioè, di poter usare organi altrimenti inutilizzabili, e anche da donatori viventi, quando entrerà in vigore la normativa che lo prevede. Inoltre, se si presentassero eventuali problemi di rigetto non ci sarebbero rischi per la vita del paziente ma riporterebbero semplicemente la situazione a quella di partenza, senza chiudere le porte né alla ripetizione dell’operazione né ad un eventuale trapianto d’ organo. Le cellule trapiantate alla donna vicentina dovrebbero “ripopolare” il fegato e sostituirsi progressivamente a quelle affette dalla malattia, rifornendo l’enzima mancante che causa l’ipoglicemia. Per poter parlare di successo dell’ intervento, effettuato due settimane fa, occorrerà aspettare alcuni mesi, quando sarà possibile verificare se le nuove cellule avranno sostituito quelle malate e soprattutto se riusciranno a sopravvivere. Negli Stati Uniti la sperimentazione è stata effettuata soltanto su topi, in Veneto invece è stata eseguita su maiali, con la possibilità quindi di monitorare le varie metodiche di intervento su animali di grossa stazza. I malati di glicogenosi sono un centinaio in Italia, dei quali soltanto venticinque in Veneto, ma sono almeno il doppio quelli affetti da patologie congenite legate al fegato che potrebbero ricorrere alla trasfusione di epatociti. Padova si candida così a centro di importanza continentale per questa terapia, dopo aver aperto per prima in Italia la strada dei trapianti, da quelli di cuore a quelli di altri organi e, ora, delle sole cellule.