Tay-Sachs Disease
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18 Maggio 2005Fabio, forse cure a domicilio
malattia rara.
Ricoverato da 8 anni al Santo Bambino in coma vigile
Potrà forse tornare a casa dove verrebbe seguito quotidianamente a domicilio, Fabio Salvo, il ragazzo di 12 anni, che per una grave e rara malattia, vive ormai in ospedale (alla Rianimazione del Santo Bambino) dal 1998.
L’Asl 3, infatti, ha esposto il caso del bambino all’assessore regionale della Sanità Giovanni Pistorio, il quale ha preso a cuore la questione cercando una soluzione che attraverso il coinvolgimento dell’Asl territoriale 3 di cui è direttore generale Antonio Scavone possa condurre a un trattamento e a un controllo quotidiano del ragazzino al proprio domicilio.
Quello di Fabio è davvero un caso disperato oltre che pietoso e incredibile. Fabio ha infatti raggiunto, con tutta probabilità, un triste Guinnes dei primati: quello del ricovero ospedaliero ininterrotto e per di più in Rianimazione. Senza speranza di una guarigione e nemmeno di un sia pur minimo miglioramento.
Da ben otto anni, infatti, è ricoverato al «Santo Bambino», in coma vigile, perché affetto da una patologia tanto rara quanto micidiale che viene denominata in maniera piuttosto generica «miopatia metabolica» e che in verità non trova una catalogazione precisa nei libri di pediatria.
Fabio è ricoverato senza parentesi alcuna al Santo Bambino esattamente dal 15 di febbraio del 1998: mentre si trovava nella propria abitazione un malessere improvviso sotto forma di dispnea gravissima accompagnata da pallore assai spiccato e da perdita di coscienza aveva imposto il ricorso in Rianimazione. Ma quel malessere, in effetti, altro non era se non il corollario di una vera e propria odissea iniziata qualche anno prima quando cioè la malattia cominciò a manifestare le sue prime avvisaglie e indusse i disperati genitori ad una estenuante quanto sterile via crucis negli ospedali specializzati di tutto il Paese. L’indebolimento del tono muscolare apparso come già detto sin dopo i primi anni dalla nascita era spesso accompagnato da crisi convulsive e per tali motivi veniva ricoverato anche al «Gaslini» di Genova dov’era stato trasferito intubato e in gravissime condizioni generali con cianosi cui subentrarono mancanza di riflessi, mimica di pianto e scarsissimo grado di saturazione respiratoria.
Un leggero miglioramento indusse i genitori a farlo rientrare a casa, a Catania , ma dopo qualche giorno si verificò, implacabile, la ricaduta.
Al «Santo Bambino» Fabio ricevette subito le cure del caso che sono culminate necessariamente nella trachetomia e nella respirazione automatica tramite apposita apparecchiatura: tutti provvedimenti questi che richiedono un monitoraggio continuo un trattamento da parte di specialisti: trattamento che è andato avanti fino ad oggi da parte del primario dott. Riccardo Bottino con il valido ausilio del dott. Giuseppe Garofalo e con tutte le amorevoli attenzioni del personale paramedico che ha ormai eletto Fabio come vera e propria mascotte di tutto il reparto. In tale situazione di stallo i genitori – da parte loro – hanno dovuto sobbarcarsi ad uno stressante andirivieni quotidiano tra casa e ospedale. Che cosa importa infatti, se Fabio, nel proprio stato di coma vigile, non li vede, non comunica con loro, e non manifesta la sia pur minima emozione dinanzi ai giocattoli che gli vengono portati da parenti, amici e da parte dello stesso personale? Basta vederlo e constatare che egli reagisce in maniera assai debole a qualche stimolo tattile. Essi pur apprezzando incondizionatamente la diligenza e l’impegno di tutti coloro che hanno in cura il figlio, hanno parecchie volte chiesto l’assistenza domiciliare e la direzione dell’azienda ospedaliera Vittorio Emanuele (dott. Mazzeo e Cantaro) hanno cercato di ottemperare a tale istanza studiando tutte le soluzioni possibili ivi compresa quella di un trasferimento a una struttura per così dire intermedia ma un tale tipo di istituzione non esiste e sono peraltro molti gli ostacoli di carattere pratico e anche burocratico che si frappongono alla sottrazione di Fabio dall’ambiente ospedaliero e per di più in una struttura – quale appunto la rianimazione – che abbisogna di posti letto.
ANGELO TORRISI